IL PRESIDENTE DI TACITA: “È NOSTRA LA PRIMA MOTO ELETTRICA AL MONDO CON CAMBIO E FRIZIONE”

Chissà perché, ma le passioni nascono sovente in garage. Poco importa se sia la mela morsicata di Steve Jobs o l’idea di una motocicletta elettrica. «È andata così davvero. E voglio precisare che l’idea è venuta a mia moglie», racconta Pierpaolo Rigo, 56 anni, presidente di Tacita, azienda specializzata nella costruzione di moto elettriche, con uffici e stabilimento di produzione a Poirino, una manciata di chilometri da Torino. E qualche primato: è l’unica moto elettrica al mondo con cambio e frizione, che ha già conquistato primo e secondo posto nell’ultima speciale della «Mission 1000», alla Dakar. Il catalogo copre il settore fuoristrada con la T-Race, soddisfa gli smanettoni con la Motard S e accontenta i mototuristi con la T-Cruise, tutte con motori da 34 Kw (poco più di 46 Cv) raffreddati a liquido. La produzione avviene in un capannone di 1200 metri quadrati, dove lavorano sette dipendenti, impegnati a realizzare i progetti elaborati da un’équipe di 25 ingegneri che collaborano con l’azienda. «Siamo fortunati, perché credono tutti nel progetto. Qualcuno lavora con noi fin dall’inizio», aggiunge Rigo. Con una sottolineatura fatta gonfiando il petto d’orgoglio: «Produciamo tutto qui, a Poirino. Assembliamo i vari componenti, persino le celle delle batterie che arrivano da Taiwan. Ma per il resto, riusciamo a rifornirci in zona. Le faccio un paio di esempi, il kevlar ci arriva da Valfenere e il telaio da Andezeno. Batterie a parte, siamo “chilometri zero”». Il fatturato del 2022 è stato di un milione di euro, ma nel 2023 «abbiamo deciso di concentrare l’attenzione sugli investimenti per macchinari e personale». Quest’anno, da novembre ci saranno le consegne delle «cento moto ordinate. L’obiettivo per il prossimo anno è di produrne 200», spiega. Tutto ha inizio nel 2008. «Lavoravo nel tessile, mia moglie era farmacista. La crisi ci ha spinto a cambiare vita», racconta Rigo. Lui ha sempre avuto la passione per le moto. Fuoristrada, soprattutto. Nel 2007, si allena per la seconda Dakar, «da amatore, sia chiaro». La sua moto «faceva un rumore pazzesco, lo riconosco. Quando andavamo a girare nella zona di Pinerolo, la gente veniva ad aspettarci davanti a casa». Di qui, l’idea di orientarsi su un motore elettrico. In quel periodo, in Svizzera c’è la Qantya che produce qualcosa di interessante per Rigo. «Ho preso la Vespa e sono andato là, a Lugano – ricorda -. La moto aveva un buon motore, ma telaio e sospensioni non avrebbero retto le sollecitazioni di una Dakar. Ho espresso le mie perplessità e chiesto se potevamo lavorarci. Mi hanno risposto che la moto era così, se non mi andava bene potevo tornarmene a casa». Ed è lì che arriva la soluzione. «Mia moglie mi ha detto: “Perché non te la fai da solo?”. E così, ho incominciato». Complice, il meccanico che lo aiutava a preparare le moto per le competizioni. «Il primo telaio è stato ricavato dalla moto di un suo cliente, che non aveva pagato il conto», sorride. Poi, i test con le batterie al piombo, nel 2010, in attesa di costruire la prima T-Race, motore da 25 Kw (l’equivalente di 34 Cv). A quel punto, l’ego è soddisfatto. Resta da capire se l’idea può avere un futuro. Serve una prova. «Sono andato a Pinerolo, dove facevamo i test prima delle gare», racconta. La scommessa era sui tempi: se fosse stato uguale a quello registrato con il motore endotermico, il progetto sarebbe andato avanti. E così è andata. «Nel 2012, la nostra è stata la prima moto elettrica a correre in un raid africano, il Merzouga Rally», aggiunge. Poi, sono arrivate la presentazione dei modelli all’Eicma del 2013 e le prime vendite nel 2014. «Una sola in Italia, a Novara. Le altre, in Germania, Francia e Svizzera. Non mi chieda il motivo, non ne ho idea», sorride. Da quel momento, l’unico momento di stallo è arrivato con il Covid: «Siamo stati costretti a fare cassa integrazione, ma poi ci siamo ripresi», spiega Rigo. Un colpo arrivato proprio dopo l’invito a correre (unica moto elettrica) in una tappa della Dakar, in Arabia Saudita. Ma ormai, quel tempo è passato e il team di Tacita guarda avanti. «Stiamo assumendo cinque persone e cerchiamo un ingegnere elettronico che voglia lavorare a Torino», aggiunge. L’intenzione, però, è di rimanere «piccoli, non vogliamo cambiare dimensione. Solo, puntiamo a migliorare sempre il nostro prodotto. Per questo, abbiamo acquisito il progetto del “controller” (il cuore della parte elettronica che governa il motore, ndr) e del battery management system (gestione delle batterie, ndr). Il cambio e la frizione sono già nostri, come le sospensioni». I vantaggi: «Riusciamo a fare componenti più piccoli e leggeri, nei motori elettrici è fondamentale», spiega ancora Rigo. Per lui, questo lavoro «è un sogno, lo sto vivendo ogni giorno». La mente è proiettata sui prossimi progetti: «Abbiamo già in cantiere i modelli del 2027. Usciremo con la Discanto, quella che ha vinto la prova speciale nella Dakar». Un bel biglietto da visita, secondo solo al nome. «Sì, il “discanto” è la parte più alta della melodia nell’opera. Ci pareva adatto alla missione», spiega Rigo. Il suo sogno? «Correre la Dakar assoluta». Poi, ci pensa un attimo e riprende: «In realtà, vivo già il mio sogno, sto facendo la cosa più bella del mondo. È una figata, si può dire?». Certo che sì.

2024-05-06T04:32:09Z dg43tfdfdgfd